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Contributo della Com. S. Francesco al Covegno di Napoli (16-17 Giugno 2012) – Comunità S. Egidio

Pubblicato 25 Giugno 2011

“Chiesa di tutti e particolarmente dei poveri” Amici dei poveri a convegno”
CONTRIBUTO DELLA COMUNITA’ S. FRANCESCO DI MONSELICE (p. Danilo Salezze)
La comunità “San Francesco” di Monselice (PD) ospita per un certo periodo una sessantina di persone (ragazzi e ragazze, giovani coppie o madri con figlio/i, adulti) coinvolte in problemi alcol droga correlati e complicati da disagi comportamentali, spirituali ed esistenziali, che determinano talora una sofferenza personale e famigliare insostenibile.

La Comunità, le cui radici affondano negli ultimi anni ’70, è gestita da una fraternità di frati francescani conventuali (Basilica di S. Antonio-Padova). Una prima caratteristica della Comunità è di non essere sorta per iniziativa di un singolo, o come esperimento azzardato sull’onda di utopie solidaristiche sessantottine, bensì progetto ben vagliato e condiviso fin dall’inizio.

L’iniziativa che rappresento qui a Napoli oggi, si ispira al mandato di Francesco d’ Assisi : (Regola N.B.)

Il ministero francescano, nella sua elementare grammatica (ma tutto il ministero cristiano funziona così !) ama “ri-nascere” dentro la realtà in cui si incarna, e non può che essere così dal momento che S. Francesco manda i suoi frati “intra” i destinatari della loro missione evangelizzatrice, forti solo di quella che oggi chiameremmo “empatia”, senso di “interdipendenza”, o, semplicemente, capacità di calarsi nella situazione esistenziale altrui. < Senza pretendere che gli altri diventino migliori > ammonisce S. Francesco. Ognuno può cambiare solo se stesso. La scelta francescana di incontrare la nascente problematica di quelle che oggi chiamiamo “dipendenze” è in continuità con una attenzione ecclesiale per la società umana scaturita dal Concilio Vaticano II : < Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi, dei poveri soprattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce dei discepoli di Cristo, e nulla Vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel loro cuore> (G.e.S). Evangelizzare e promuovere tutta la persona nelle sue componenti umane di base e nella sua complessità spirituale sono per tutto il magistero di Paolo VI (e successori) un binomio inscindibile. Ogni nuova evangelizzazione che si voglia intraprendere dovrà comunque risolversi, anche ai nostri giorni, in un contestuale nuovo impegno di umanizzazione, non c’è alternativa! E di quanto nuovo umanesimo ci sia ancora bisogno nel nostro mondo, ne siamo tutti ben consapevoli! Avvicinando in questo modo l’uomo di oggi, iniziando dal più povero e svantaggiato, la Chiesa si presenta per quello che ultimamente è: sacramento di salvezza, superamento di ogni frantumazione, recupero di tutto l’uomo, nel rispetto sacro della sua dignità di libero figlio di Dio. La Comunità S. Francesco da quasi trentacinque anni persegue questa incarnazione riconoscendola quale “segreto” di efficacia. Non efficienza che è un concetto ambiguo, ma efficacia, cioè rispondenza al bisogno espresso nel “qui ed ora” dell’incontro umano, alle domande di compagnia e di aiuto.

La comunità francescana segno di umanità ricomposta in unità e pacificata, pur nelle quotidiane contraddizioni, in una cultura (senza etica, senza padri e senza testimoni, liquida e inconsistente) in cui la droga con tutto il suo indotto mafioso, le droghe vecchie e nuove (che si pongono volta a volta come divertimento, auto-cura, negazione, fuga, ecc.), gli stili vita rischiosi (bere giovanile, gioco d’azzardo, asservimento all’web, ecc.) scavano voragini nei singoli, nelle famiglie, nelle comunità umane, tra le stesse generazioni.

Come la Comunità S. Francesco agisce da laboratorio o cantiere di umanità ricomposta? Attraverso l’esercizio di un sapere pratico che i frati hanno sperimentato come efficace in questi anni:

  • un approccio famigliare in tutti i percorsi di liberazione dai problemi alcol droga correlati: la famiglia non è osservatrice, ma protagonista del proprio cambiamento;
  • la proposta della “sobrietà competente” da ogni sostanza a rischio, alcol compreso;
  • la promozione di un nuovo impegno sulla vita: recupero del benessere fisico e spirituale, il programma madre-bambino, la prevenzione intesa come protezione/promozione;
  • lo sviluppo dell’attenzione agli altri nel mutuo aiuto mutuo e nella promozione di una nuova cultura sanitaria e di impegno per il bene comune;
  • la sperimentazione di ambienti (famigliari, formativi, ricreativi) liberi da sostanze, drug free
  • la riproposizione di modelli genitoriali ed educativi creatori di stili di vita sani e coerenti.

Una esperienza forte della Comunità di tutti i giorni è quello che si po’ definire come il “disagio spirituale” che accompagna le persone che usano sostanze ma che è di tanti nella società, e che si manifesta non solo nelle depressioni, nei disturbi alimentari, ecc., ma che è potenzialmente di tutti e che identifica la persona umana in quanto tale (precaria). Il disagio spirituale, che è scontentezza per quello che si è, per quello che non si riesce ad accettare di se stessi, per le conflittualità senza via d’uscita, per l’orizzonte di senso che spesso si rimpicciolisce fino a sparire. Spesso vediamo, e il mondo dell’uso di sostanze ce lo mostra bene, questi che sono problemi umani finiscono per diventare problemi della psichiatria, della legge, del carcere. C’è da chiedersi quanto grande sia il margine dell’ascolto negato verso questo disagio. La Comunità S. Francesco si impegna ancora, a trentadue anni, di essere essenzialmente uno spazio di ascolto di parole, di emozioni, di desideri, di sforzi, e di inevitabili difficoltà di percorso.

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